Amarcord (per non dimenticarci mai di loro...)

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Persone che non sono più tra noi ma che hanno influenzato la mia vita

(nell'ordine con cui sono scomparse)

Nonno Ernesto (1889 - 1955)

Ernesto Rimoldi (nonno materno, operaio metalmeccanico "di precisione", che, durante la mia infanzia, spesso sostituiva l'immagine paterna sovente assente per lavoro) mi ha trasmesso soprattutto il rigore, da pretendere sia da se stessi che dagli altri, insieme a una grande sete di giustizia e a un odio viscerale verso ogni forma di furberia.

Era un socialista seguace di Treves e Turati, ma era anche un grande ammiratore di De Gasperi.

Era un patito della Francia, forse per gli ideali di Liberté, Egalitè e Fraternité (si era anche studiato da solo un po' di francese sfruttando i libri di sua figlia) e quando Mussolini l'ha proditoriamente attaccata alle spalle nel 1940, il suo antifascismo viscerale (dovuto in buona parte alla personalità "vulcanica" e alla fisicità corpulenta del Duce) era salito alle stelle; mi raccontano che avesse anche esclamato: "Bestia, proprio contro l'Inghilterra che non ha perso quasi mai una guerra!"

Provava inoltre un'antipatia viscerale per i Giapponesi, che accusava di lavorare "par una süca da lòt" ("una ciotola di latte"): lavorando molto e per poco, costringevano le società civili europee (per reggere la loro concorrenza) a imporre condizioni di lavoro gravose.
Sicuramente si sarà rivoltato nella tomba di fronte alla globalizzazione e agli interventi della Fornero!.

Comunque lui avversava particolarmente quelli che in dialetto legnanese definiva "baltrascàn" (inaffidabili, parolai).

Suonava il violino (ottima la teoria, ma la mano era assai nervosa); conosceva bene la musica e aveva composto anche una specie di opera lirica, purtroppo andata perduta.

Nonostante avesse solo la licenza elementare, mi ha insegnato a leggere e a capire le ore dell'orologio molto prima che andassi a scuola, oltre a fornirmi importanti concetti "teorici" quali (per esempio) il "parallelismo", mostrandomi due stradine di campagna che "non si allontanavano né si avvicinavano, per cui non si sarebbero potute mai incontrare".
Mi ha anche spiegato correttamente molti fenomeni naturali.

Aveva costruito un modellino di macchina a vapore con pistopne a "doppio effetto" perfettamente funzionante e mi spiegava (quando avevo 6-7 anni) il funzionamento del "premistoppa" e del "testacroce". Aveva creato anche un piccolo tornio e un calibro munito di nonio, con precisione al decimo di millimetro.

Da lui ho quindi ereditato anche la passione per le cose fisiche e meccaniche, preludio alla mia futura mentalità fortemente scientifica e visceralmente... antimetafisica.

Papà Ambrogio (1918 - 1966)

Da Ambrogio Lazzati (mio padre) ho appreso il gusto di narrare con immagini: era infatti anche un cineamatore. Era molto legato alla Valle Intelvi (e in particolare a Pellio Superiore, che con mia madre e i miei nonni materni frequentava dal 1946), dove ha pure ambientato alcuni suoi filmini 8 mm con commento sonoro.

Pur avendo la sola licenza elementare, faceva il rappresentante di prodotti farmaceutici, dei quali riusciva abbastanza bene a spiegare l'attività ai medici che visitava, grazie anche alla sua vivace intelligenza (erano comunque altri tempi e non era richiesta una laurea).

Era dotato di grande simpatia ed entrava nel cuore della gente.

Fino agli inizi degli anni Sessanta l'ho comunque frequentato assai poco, in quanto viaggiava molto per lavoro e la figura paterna era spesso sostituita dal nonno e dallo zio materni.

Mia madre e io abbiamo sempre apprezzato la sua creatività e la sua sincera ingenuità.

La sua professione di "propagandista" farmaceutico me lo aveva fatto inizialmente e erroneamente associare a una specie di "venditore", in netto contrasto con i miei miti di scientificità e rigore.
Tuttavia la sua netta opposizione all'introduzione di una più o meno velata forma di comparaggio (l'odioso reato con cui medici e farmacisti disonesti prendono percentuali sui prodotti venduti), mi ha reso orgogliosissimo di lui.

Come mia madre, mio zio Remo e i miei nonni materni, aveva quindi anche lui la "schiena diritta" contro gli odiosissimi "furbetti del quartierino".

Era un grande ammiratore delle socialdemocrazie scandinave, perchè (diceva) non erano comuniste, ma allo stesso tempo là "il futuro dei figli era garantito dallo stato".  Presentiva forse la sua precoce scomparsa?

Negli ultimi anni della sua vita siamo diventati sempre più amici e mi ha coinvolto nella realizzazione delle sue opere cineamatoriali: alcune erano "a soggetto", altre invece costituivano dei semplici documentari, tecnicamente curati ma anche ricchi di appassionata creatività.

Nello stesso periodo avevamo anche condiviso la passione per... il Milan.

Proprio l'idea di calcare le orme paterne, realizzando (nel 1981) il primo audiovisivo sulla Valle Intelvi, ha costituito il punto di partenza per la mia futura attività di cultore di storia e arte locali.

Nonna Adele (1891 - 1975 )

Adele Stella (nonna materna, moglie di Ernesto) mi ha trasmesso soprattutto la sobrietà e una certa diffidenza verso gli operatori in campo economico, che in legnanese definiva "ciapadané" ("arraffasoldi"), perché non sempre onestissimi. Nonostante si fosse fermata alla quarta elementare per motivi familiari, mi ha insegnato a eseguire le divisioni con due cifre, che (causa malattia) non avevo potuto imparare a scuola e data la momentanea indisponibilità di mia madre, alle prese con mio fratello neonato e all'assenza (per motivi di lavoro) di mio padre.
Mi ha pure spiegato correttamente il funzionamento del parafulmine!

Forse da lei ho ereditato una certa pigrizia, cioè la tendenza a "eliminare i lavori" non indispensabili , nonché l'estrema prudenza.

Non conosceva il latino, ma penso che il suo motto preferito sarebbe stato l'ippocratiano "primum est non nocere" ("prima di tutto non nuocere").

Appassionatissima di musica sinfonica e operistica, suonava il mandolino.

Non disdegnava neppure la musica leggera, purché tendesse al melodico; in particolare apprezzava i Beatles: "a piòsan" ("piacciono") diceva spesso in dialetto legnanese.

Adorava le commedie in dialetto ticinese (ascoltate su radio Monteceneri) e quelle in parziale genovese di Gilberto Govi.

Maria (1915 - 2002)

Maria Corti (ben nota filologa, scrittrice e critica letteraria) è stata sicuramente una delle figure più significative dell'APPACUVI: finché ha avuto voce in capitolo ne ha contrastato la degenerazione aziendal-populista, imponendo la ricerca di standard elevati (scientificità sostanziale e non solamente formale) e di metodi eticamente ineccepibili per la gestione.

Passava le sue estati nella villa materna di Pellio Inferiore (Valle Intelvi), a pochi metri dal cimitero ove è stata sepolta nel 2002.

Da lei ho appreso la necessità di operare con rigore scientifico anche quando si trattano materie umanistiche, quali la storia e l'arte.

Dalle sue critiche alla versione sperimentale del mio audiovisivo del 1981 sulla Valle Intelvi e dal suo stimolo a renderlo più "scientifico" è scaturito tutto il mio successivo impegno nell'approfondire le conoscenze sul territorio.

Non ci frequentavamo se non durante l'estate, tuttavia tra noi c'era una fortissima stima reciproca, basata soprattutto sulla comune viscerale avversione per le persone poco rigorose e opportuniste.

Altro punto in comune era la "curiositas", il desiderio di voler conoscere a fondo ogni cosa e di sfrondarla da ogni possibile falsità.

Io apprezzavo Maria soprattutto per questa sua avversione nei confronti delle conoscenze infondate e approssimative, cosa che ho voluto ricordare anche in una mia poesia del 2007.
In una seconda poesia ho invece parlato della sua casa di Pellio.

Emilio (1919 - 2004)

Emilio Scampini è stato soprattutto un carissimo amico.

Con lui, la moglie Francesca e la figlia Malombra, ho condiviso diverse "avventure" culturali, tra cui indimenticabili gite a Venezia, Firenze e Castelseprio, nonché un bellissimo viaggio in Ungheria.

Legatissimo a Verna (in Valle Intelvi) dove trascorreva buona parte dell'estate, era anche un grande cultore di Antonio Fogazzaro e della vicina Valsolda.

Poeta e scrittore di racconti, è stato anche un ottimo storiografo, avendo scritto una rigorosa e dettagliata biografia di Carlo Barrera Pezzi, ottocentesco storico della Valsolda e cugino del Fogazzaro.

Dopo avere assistito alla proiezione del mio audiovisivo nel 1982, è stato lui per primo a convincermi a fare un libro sulla Valle Intelvi: il giorno dopo mi sono messo immediatamente al lavoro e ne è scaturito il testo del 1986!

Per conoscerlo meglio puoi andare sul sito a lui dedicato.

Gabriella (1961 - 2006)

Gabriella Grotti è stata prima di tutto una grandissima amica.

Aveva un'incredibile energia e forza di volontà, unita a una grande fede, che le ha permesso di lottare strenuamente per ben otto anni contro un'inesorabile malattia.

Una grande lezione di vita per tutti!

Nel suo ruolo di Responsabile della Cultura presso la Comunità Montana Lario Intelvese, ha operato con rigore e passione, senza risparmiarsi e andando ben al di là del fatidico "minimo sindacale".

Con molta intuizione e in base alla sua esperienza, era stata tra le prime a mettermi in guardia da squallidi personaggi, che più tardi ho scoperto essere veramente tali.

Mi ricordo anche il suo grande impegno nel cercare di arginare quelli che lei chiamava "il gatto e la volpe" (quando non usava definizioni più pesanti), ricordando loro che quando si gestiscono fondi pubblici vi sono degli obblighi particolari anche per i soggetti privati.

Ricordo tante belle gite, capodanni e compleanni condivisi con amiche e amici comuni.

Ma c'è un'immagine che non dimenticherò mai: Gabriella in lacrime che accendeva una candela nella splendida chiesa di S. Maria dei Miracoli a Venezia; più tardi ho saputo che a preoccuparla era la recente notizia dell'ennesimo aggravarsi della sua malattia.

Voglio ricordarla in mezzo agli Angeli, dei quali era una fervente devota.

Nel 2007 le ho dedicato alcuni versi nel suo necrologio pubblicato sul quaderno Appacuvi.

Giorgio (1925 - 2007)

Giorgio Ausenda, plurilaureato e amante della cultura, è stato il fondatore dell'APPACUVI (Associazione per la Protezione del Patrimonio Artistico e Culturale della Valle Intelvi, di cui sono stato anch'io socio per un lungo periodo) della quale è stato anche il primo presidente.

Ha abbandonato l'Associazione nel 1996 per forti dissidi con l'allora responsabile, del quale rimarcava l'approssimazione nel curare i dettagli tecnici e la tendenza a circondarsi di "pretoriani" che lo sostenessero.

Di Giorgio ho sempre ammirato la signorilità intellettuale e il disinteresse (sia personale che di gruppo) nel gestire la cultura: per lui l'Associazione doveva essere al servizio della Cultura e non viceversa!

Così pure i fondi reperiti dovevano servire a realizzare i progetti e non invece essere i progetti un pretesto per reperire fondi!

Innamorato di Lanzo d'Intelvi, il suo ruolo è stato fondamentale per il recupero di numerosi monumenti durante la "prima APPACUVI" (1973-89).

Le sue critiche a pubblicazioni e personaggi approssimativi sono state anche per me uno stimolo a ricercare ovunque un certo rigore, anche e soprattutto nel campo della divulgazione.

Aurora (1982 - 2008)

Aurora Casartelli, la persona più INDIMENTICABILE che io abbia conosciuto. 

L'ho conosciuta nel 2003 a Laino d'Intelvi, nel cortile di Palazzo Scotti, durante una manifestazione culturale.

Al suo corpo esile si associava uno splendido volto, quasi angelico, dal quale si irradiava spesso uno straordinario sorriso, che ho voluto ricordare anche in una poesia del 2007.

Sensibilissima e acuta, amava spaziare con la mente nel mondo della musica e della letteratura, elevando spesso il suo animo soave al di sopra delle meschinità terrene.

Tuttavia era ben inserita nella realtà del quotidiano, mostrando un'incredibile tenacia e grandi capacità realizzative nella vita pratica, anche a livello manuale.

Per me aveva l'aspetto di un Angelo... ma coi piedi ben piantati per terra!

Praticava lo sport ed era modernissima; amava comunque moltissimo anche le vecchie melodie (in particolare musica classica e cantautori) nonché le tradizioni della sua terra natia (Schignano in Valle Intelvi), sulle quali ha svolto interessanti ricerche.

Per questo io la definivo una ragazza... senza tempo.

Affabile e disponibile con tutti, sapeva tuttavia scegliersi gli amici veri e tenere a debita distanza (se pur con educazione) le persone particolarmente negative, che riusciva a riconoscere "al volo", anche se (come me) aspettava di avere in mano validi indizi prima di reagire.

Pur frequentandola di rado e senza che ci fosse un particolarissimo legame affettivo, tuttavia si era creato tra noi un fortissimo feeling a livello mentale, epidermico ed emotivo, che ci portava a intraprendere interminabili e coinvolgenti conversazioni, che mi davano grande fiducia nella vita e che anche lei riteneva "terapeutiche" perché le facevano dimenticare la quotidianità lavorativa.

Amava (come me) i giochi di parole e ci scambiavamo spesso delle e-mail ricche di battute spiritose, qualche volta anche... in latino.

La sua luminosa ed eterea bellezza, mescolata alle sue capacità realizzative nel mondo reale, l'hanno fatta penetrare nei cuori di tutti coloro che l'hanno conosciuta, a cominciare dai suoi alunni che, senza retorica, hanno scritto un po' ovunque: "Aurora, non ti dimenticheremo mai".

Un malore improvviso ha spento la sua vita (con quella della creatura che da quasi cinque mesi aveva in grembo), ma la sua luce continua a risplendere e non sembra per nulla attenuarsi col tempo.

Il suo amatissimo De Andrè la saluterebbe così: "...ma il vento che la vide così bella, dal fiume la portò sopra una stella."

Nel 2009 ho voluto ricordarla con uno scritto letto da Lucia Manzoni durante una serata dedicata all'emigrazione, nonché con un'altra poesia.

Erino (1948 - 2010)

Erino Bolla (insegnate e bibliotecario) è stato più volte descritto da Maria Corti (sia in privato che pubblicamente) come un uomo di grande cultura, soprattutto letteraria. Tenendo conto che difficilmente Maria faceva complimenti, dobbiamo sicuramente credere al suo giudizio, per altro confermato dall'intera sua vita.

Schivo e modesto, era dotato di grande umanità; persona mite, conosceva comunque anche lui "i suoi polli" e non si faceva mai coinvolgere in situazioni dubbie.

Amava moltissimo la musica e aveva assai gradito i brani classici che facevano da sottofondo al commento sonoro del mio audiovisivo sulla Valle Intelvi; soprattutto gli era piaciuto il fatto che io avessi associato musica romantica ai paesaggi e musica barocca ai monumenti. Mi aveva anche dato alcuni consigli utili sulla scelta del brano da accompagnare alle immagini del carnevale di Schignano.

Poche, ma di alto contenuto culturale, le serate da lui ospitate nella biblioteca di Pellio Inferiore, dove non c'era spazio per venditori di fumo e mercanti della cultura, attenti più agli aspetti promozionali e utilitaristici che non a quelli prettamente scientifici o artistici.

Da lui ho avuto la piacevole conferma di una mia vecchia convinzione: si possono realizzare cose importanti anche senza mai scendere a vergognosi compromessi con personaggi più o meno squallidi.

Tiziano Mannoni (1928 - 2010)

Tiziano Mannoni, uno dei pionieri dell'archeologia medievale e dello studio stratigrafico dei monumenti in Italia, ha dedicato la sua attenzione soprattutto alla conoscenza degli aspetti "materiali" del costruire (petrografia, mensiocronologia...).

Gli ho parlato una sola volta quando è venuto a visitare gli scavi archeologici di Pellio Superiore (fortilizio del X sec.) e mi ha chiesto delucidazioni sulla viabilità storica del luogo. Sono rimasto subito colpito dal suo aspetto modesto e al tempo stesso signorile, nonché dal suo modo di parlare: semplice ma coinvolgente.

L'ho ascoltato in conferenza solamente tre volte, ma subito alla prima... ha cambiato il mio modo... di vedere gli edifici.

E' come se mi avesse improvvisamente aperto gli occhi!

Pur non avendo detto nulla di particolare quel giorno, mi ha trasmesso un'importantissima nozione, non pronunciata ma leggibile "tra le righe" delle sue parole: per conoscere correttamente la storia di un edificio non bisogna tanto entrare nella mente dell'architetto o dell'artista, ma occorre soprattutto ragionare come un muratore, onde poter valutare correttamente i rapporti stratigrafici intercorrenti tra le strutture murarie.

Zio Remo (1924 - 2010)

Da Remo Rimoldi (zio materno, disegnatore meccanico) ho sicuramente preso l'atteggiamento modesto e perennemente critico nei confronti della realtà, con un rifiuto viscerale dei compromessi nei confronti di persone non del tutto limpide.

Pur inquadrando rapidamente le persone, attendeva (come me) di raccogliere indizi e prove prima di farsi un'opinione definitiva.

Un volta individuati i "furbetti del quartierino", al contrario di me, mia madre e mio nonno (più propensi a contrastarli attivamente), lui preferiva attendere con vigile pazienza; sosteneva infatti che era difficile incastrare certi "personaggi", mentre dando loro corda c'era la speranza che... si impiccassero da sè! 

Estremamente parco e frugale (come la madre Adele), rifuggiva e biasimava ogni forma di "gozzoviglia festaiola" proposta dai programmi televisivi e che spesso rinfacciava (con fin troppa severità) ai figli.

Analogamente a me, tutto ciò che ha ottenuto nella vita è stato frutto di scelte logiche e rispettose delle regole e degli altri, senza mai pestare i piedi a nessuno e senza ricercare opportunisticamente amicizie utili. 

Da lui ho ricevuto i primi rudimenti di ottica (compreso il legame tra "potere risolutore" e ingrandimento) e di elettrotecnica (legge di Ohm, rapporto tra Volt, Watt e Ampere) nonché concetti fondamentali come la conservazione dell'energia e l'impossibilità del moto perpetuo, prima che studiassi queste cose a scuola.

Mi ha insegnato pure a giocare a tennis, a ping-pong e a sciare.

E' stato tra i primi (alla fine degli anni Cinquanta) a sperimentare una racchetta da tennis metallica, da lui costruita in lega di alluminio-magnesio, che tuttavia non aveva presentato sufficiente resistenza meccanica.


Mamma Maria (1921 - 2013)

Da mia madre Maria Rimoldi (certamente l'affetto più profondo che ha accompagnato la mia vita) ho ereditato sicuramente la sobrietà e il rigore sotto i più svariati aspetti.

Oltre all’esempio del padre Ernesto, su mia madre deve avere influito anche il fatto di aver lavorato per alcuni anni (prima che io nascessi) presso l’Ufficio del Registro (oggi Agenzia delle Entrate), un ambiente dove... i ”furbetti del quartierino” non erano particolarmente ben visti.

Dopo le Elementari, aveva frequentato il triennio delle Commerciali; tuttavia, era appassionata di storia ed era curiosissima: fino a pochi mesi prima di morire mi “costringeva” a stamparle ricerche fatte in Internet su eventi, personaggi e località più svariate.

Amava molto viaggiare (con mio padre che si spostava spesso per lavoro e con me bambino ha girato mezza Italia) e anche passeggiare a piedi, soprattutto nella sua amatissima Valle Intelvi (v. oltre).
Un'altra "mania" che mi ha trasmesso è quella delle cartografia di strade e sentieri, da cui è poi scaturita la mia passione per lo studio delle "vie storiche" locali.

Amava moltissimo la musica, soprattutto classica; le piacevano molto anche alcune canzoni moderne, da quelle dei  Beatles a Mina, da Celentano a Baglioni, purché tendenti al melodico.

Pur provenendo da una famiglia operaia, aveva un aspetto assai distinto, quasi signorile: per la sua sobrietà e capacità di non stare mai “sopra le righe” era molto apprezzata negli ambienti di un certo livello culturale, mentre la sua affabilità e sincera disponibilità la faceva amare moltissimo dalle persone semplici.

L’unico ambiente dove non si trovava a sua agio e che evitava accuratamente era quello degli arricchiti, spesso ignoranti e interessati soltanto ai soldi; ripeteva spesso in Legnanese un noto proverbio lombardo: “ul vilàn cal mùnta ul scògn o cal spüsa o cal fa dògn (“il villano che monta lo scanno [cioè che fa rapidamente fortuna] o puzza o fa danni”).

Oltre a essere estremamente attenta a non approfittarsi mai degli altri, lo era anche nel mettere in riga chi cercava di farlo.

Era assai tollerante nei confronti dei "poveri cristi" che sbagliavano, ma abbastanza inflessibile con i "maneggioni" e gli "intrallazzatori" di ogni risma: un atteggiamento che ho ereditato anch'io.

Come mio padre Ambrogio e mio nonno materno Ernesto, nel 1946 (prima che io nascessi) si era innamorata di Pellio Superiore e della Valle Intelvi: anche questa eredità mi ha lasciato!

Maurizio (1951 - 2014)

Ho conosciuto Maurizio Beretta nel 1967 quando (pur stando d'estate come sempre a Pellio Superiore) mi ero associato alla compagnia di Pellio Inferiore, che ho frequentato fino al 1976.

Anche dopo lo "scioglimento" della compagnia ho comunque continuato a frequentare per molto tempo Maurizio a Pellio, soprattutto per giocare a ping pong; poi, negli ultimi anni, causa impegni reciproci, ci vedevamo giusto alla Festa delle Corti di Pellio Sotto: era comunque un bel momento per tanti ottimi ricordi.

Era infatti nata immediatamente tra noi una grandissima amicizia, una delle più belle della mia vita, costellata da tante piacevoli giornate passate tra amici: lui era il classico "gigante buono" che si prodigava a organizzare gite, semplici passeggiate, serate di vario tipo e... immancabili tornei di ping pong, che vinceva quasi sempre lui: ne so qualcosa anch'io, che l'ho battuto poche volte e mai in gare ufficiali!
Era imperforabile, sia con la difesa tagliata che con quella alta: un muro invalicabile. Quando l'attaccante, esausto, dopo aver tirato inutilmente una serie infinita di top spin e schiacciate, per rifiatare eseguiva un semplice palleggio, lui si avventava sulla pallina e lo freddava con la sua "vassoiata" (così chiamava lui la sua schiacciata di rovescio anomala e imprevedibile).

Era uno dei pochi che mi batteva anche nei... giochi di parole!

Maurizio ha avuto comunque una notevole importanza nella mia vita: quando nel 1977 mi ha coinvolto (con altri amici) nell'esplorazione del "böcc de la milana" (una grotta naturale situata a Pellio Superiore). Infatti, per cercare di documentarci sul sito, siamo andati al Museo Diocesano di Scaria dove (ovviamente) non abbiamo trovato nulla sull'argomento; io tuttavia proprio lì ho acquistato in quell'occasione una piccola guida sulla Valle Intelvi, che mi ha spalancato gli occhi davanti a un mondo sconosciuto: oltre ai panorami e paesaggi che ben conoscevo, ho scoperto l'esistenza di tante opere d'arte presenti in valle e l'affascinante mondo dei "magistri" intelvesi.

Desiderando creare una "guida illustrata", su consiglio di Maurizio ho acquistato una reflex con due obiettivi (35 e 135 mm), con cui ho fotografato a tappeto la valle: ne è nato il primo audiovisivo (1981), il primo passo per tutti i miei studi futuri!

Grazie anche per questo, Maurizio!

foto provvisoria

Cristina (1953 - 2021)

Ho conosciuto Cristina Negretti nel maggio del 1973, quando, venticinquenne da poco laureato in Chimica Industriale, ho iniziato a lavorare presso una piccola azienda farmacautica a cinque minuti a piedi da casa mia. Non ero assunto e venivo pagato "per consulenza", anche se lavoravo tutti i giorni con orario fisso e facevo un po' di tutto; vi sono rimasto per un anno esatto, fino a quando sono stato assunto regolarmente a Milano in Carlo Erba.


Eravamo una decina di dipendenti, con diverse operaie di mezza età e due splendide ragazze: Giovanna (19 anni) e Cristina (20 anni), con le quali è nata subito una splendida amicizia durata fino a ora, nonostante io (dopo aver lasciato quel mio primo impiego) le vedessi soltanto una volta all'anno subito dopo le feste natalizie. Durante l'anno in cui avevamo lavorato insieme, mentre potevo vedere Giovanna soltanto durante le pause (poiché operava nel reparto sterile) con Cristina avevo invece potuto fraternizzare più facilmente, soprattutto quando non c'era il capo, persona prepotente e odiosa. Con lei si poteva parlare di qualsiaisi argomento, essendo estremamente aperta e dispinibile verso gli altri.


Comunque tra me, Cristina e Giovanna, pur avendo ciascuno di noi una propria vita materiale e affettiva del tutto indipendente, si era instaurato un particolare "legame" difficile da definire ma fortissimno e duraturo, simile per certi versi all'entanglement ("aggrovigliamento") quantistico, dove due particelle, se pur distanti, finiscono per far parte di un tutt'uno.


Ho visto per l'ultima volta Cristina il 5 febbraio del 2020, a casa sua, con suo marito Renato e con Giovanna; l'anno susccessivo, causa Covid, non ci siamo visti. Nel frattempo a Cristina è stata diagnosticata una malattia incurabile che l'ha stroncata nell'autunno del 2021. Io non ne sapevo nulla,  per cui  la noitizia  della sua  morte è stata per me un fulmine a ciel sereno!



A tutti coloro che l'anno conosciuta resterà per sempre il ricordo del suo immenso cuore.




cristina

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